Battaglia di Pertuso: commemorazione
7 September 2001
Commemorazione della battaglia di Pertuso (25-27 agosto 1944)
“In vista della giornata odierna ho riletto molte pagine dedicate agli avvenimenti accaduti in questa zona negli ultimi giorni dell’agosto 1944. Devo confessare di essere uscito da queste letture con sentimento misto di commozione e di inadeguatezza, ma anche rafforzato nel senso etico della memoria. Commozione per le giovani vite stroncate in combattimento e nel successivo rastrellamento, per i lutti che la guerra ha lasciato come ferite indelebili di queste valli.
L’inadeguatezza, invece, nasce dall’appartenere ad una generazione che grazie anche a quelle lotte e ai quei lutti non ha conosciuto il dramma della guerra e non si è mai dovuta confrontare con questa terribile esperienza. Eppure ritrovarci oggi, a 56 anni da quell’agosto del 1944, ha un senso etico che va ben oltre il dovere di ricordare chi ha sacrificato la propria vita per gli ideali di libertà, eguaglianza e giustizia sociale.
Ricordare la Resistenza, uno dei pochi momenti della storia nazionale in cui – come ha ricordato recentemente il Presidente del Consiglio Giuliano Amato – si è manifestato uno straordinario sentimento di identità nazionale, è infatti un dovere morale verso chi ha sacrificato la propria vita , per chi è stato allora partigiano e nella sua vita ha coerentemente testimoniato la validità dello spirito democratico, ma anche per le giovani generazioni.
Oggi il rischio, i pericoli, non giungono non solo e non tanto dalle cicliche ondate di revisionismo storico, quanto dal naturale offuscamento della memoria storica della Resistenza, un lavorio continuo opera del tempo che passa. La graduale scomparsa dei protagonisti di quella stagione, deve trovare un bilanciamento nell’accresciuto sforzo per spiegare ai giovani la storia vera di quella straordinaria lotta di popolo.
Senza questo rinnovato sforzo, senza commemorazioni come quelle odierne, senza un serio lavoro scientifico, senza quindi un profondo e radicato dovere della memoria, si corre il rischio che per i giovani diventi ogni giorno meno chiaro il confine che 56 anni fa divideva gli oppressi dagli oppressori, le vittime dai carnefici. È stato giustamente scritto dal filosofo Remo Bodei che “l’identità collettiva di un popolo si forma attraverso il dimenticare, cioè è anche ciò che dimentichiamo che plasma l’identità collettiva di una nazione”.
Sta crescendo pericolosamente in ampi settori dell’opinione pubblica la richiesta di una sorta di «diritto di dimenticare», una volontà di rimozione della storia passata. Ed è chiaro a tutti quelli che lo vogliono vedere che è in atto da tempo un’azione che ha come obiettivo quello di ridurre la Resistenza ad un “naturale fatto di guerra” e quindi di far passare rappresagli ed eccidi come semplici «momenti bellici». (….)
A 56 anni c’è ancora molto da fare sul terreno della ricerca storica. Per dirla come Nuto Revelli “la memoria della Resistenza deve essere affidata non solo alle celebrazioni, ma alla coerenza dei comportamenti e ad un serio lavoro di ricerca, di documentazione e di divulgazione”. La Resistenza e i partigiani non devono avere alcun timore nei confronti di una seria revisione storica, di un serio lavoro scientifico, che nulla a che spartire con i tentativi di mistificazione e di negazionismo storico.
L’obiettivo da perseguire deve essere quello di far diventare la Resistenza memoria condivisa della nazione, momento fondante dell’identità civile italiana e non soltanto la vittoria di una parte, seppure della parte giusta. Sono personalmente convinto che i partigiani non abbiano nulla da temere dalla definizione, data da Claudio Pavone, del periodo tra il settembre 1943 e il maggio 1945, come una stagione di guerra in cui sono convissute tre lotte: una lotta patriottica, una lotta civile e una lotta di classe.
Quello che invece è inaccettabile è la strumentalizzazione del termine «Guerra Civile» con il dichiarato intento di parificare i combattenti. Mettere sullo stesso piano morale chi combatteva a fianco dei nazisti e chi combatteva, come i partigiani, per la democrazia e la libertà, rappresenta la negazione della storia, è la negazione della verità, è un oltraggio alla memoria dei caduti, contro cui dobbiamo combattere con tutte le nostre forze. La pietas umana è una cosa, la memoria storica e l’etica civile sono un’altra.
La battaglia di Pertuso rimane uno degli esempi più limpidi di quello spirito di libertà e di coraggio che ha alimentato la Resistenza e scritto le regole della convivenza democratica sancite nella Costituzione. Contro chi cerca una rivincita postuma per una sconfitta che non fu solo militare, ma anche e soprattutto morale ed etica, occorre trasmettere alle giovani generazioni proprio la dimensione etica, morale e politica della Resistenza, senza cui non si possono comprendere né il valore e il significato della lotta dei partigiani, né l’aiuto delle popolazioni di queste valli, né quella straordinaria stagione di libertà che si visse con le repubbliche partigiane. (…)
Una forte e consapevole memoria storica è il migliore antidoto contro i rischi, sempre presenti, di intolleranza e razzismo, che furono alle basi del fascismo. Il dovere della memoria è il pilastro di una sano paese democratico, pluralista e tollerante.
E noi che siamo qui oggi non compiamo solamente un atto di doverosa testimonianza, ma dimostriamo con la nostra presenza che la trasmissione della memoria continua, affinché democrazia e libertà continuino a scorrere nel corpo sano della nazione, affinché le generazioni future non abbiamo a patire il dolore di cui è stata impregnata la Resistenza in queste valli, in Italia ed in Europa. Siamo qui a ricordare affinché il sacrificio di quei giovani non sia stato un sacrificio vano, ma sia stato, come è stato, fondamenta di un mondo migliore e più giusto”.