Turkestan: La guerra capovolta dei russi
10 January 2004
La guerra capovolta dei russi in Turkestan
La partita che si è giocata nel ‘900 era incentrata su una scommessa: sembrava che tutti i mali ereditati dal passato fossero legati alle appartenenze nazionali, religiose, culturali che avevano segnato le identità ottocentesche.
I rapporti tra gli Stati e le religioni erano stati improntati a una feroce volontà di sopraffazione reciproca: il ‘900 si propose con una nuova pedagogia politica, promettendo di disciplinare e controllare quelle appartenenze, di riplasmarle, armonizzarle dentro i grandi contenitori costruiti dalla politica, dall’ideologia e dallo Stato.
Fu la grande promessa e la grande impostura della Russia di Stalin: non più musulmani e cattolici, ebrei e ortodossi, ma uomini sovietici; non più tartari e lettoni, ucraini e uzbechi, ma uomini e donne resi uguali dal Comunismo. Certo che in questa proposta c’era una grande carica seduttiva: sembrava possibile un altro mondo totalmente pacificato, fondato sui principi dell’uguaglianza e della tolleranza, abitato da uomini nuovi che si erano lasciati definitivamente alle spalle la ferinità dello stato di natura.
Quella proposta è fallita, e prima di fallire ha fatto in tempo a lasciare macerie di orrori alle sue spalle. La grande promessa e i suoi esiti catastrofici ritornano nel libro di Marco Buttino La rivoluzione capovolta, dedicato alle vicende della colonia russa del Turkestan nei primi venti anni del ‘900, con l’attenzione rivolta soprattutto al breve periodo compreso tra il 1916 (quando la Russia perse la capacità di controllare la colonia) e il 1920, con la riconferma assoluta del dominio russo non più zarista ma sovietico.
In quel convulso periodo, ai margini della guerra civile, si svolse una guerra locale alimentata dalle minoranze russe e armene, rese aggressive dalla paura nei confronti della maggioranza musulmana, ma che ebbe come protagonisti soprattutto i “signori della guerra” musulmani, i kurbashi.
In quel marasma, per un tempo brevissimo, il Turkestan divenne uno stato musulmano con un esercito musulmano. Fu una breve illusione; poi il potere sovietico si ripropose con la stessa volontà di dominio della Russia zarista.
Cominciò una lunga glaciazione; quando il ghiaccio dell’ideologia si è sciolto, sono riapparsi puntuali clan, etnie, appartenenze religiose, lotte intestine, terrorismo e violenze: come se il ‘900 fosse stata solo una parentesi. Il libro è reso ancora più avvincente dal modo in cui procede il racconto: rompendo consolidate abitudini accademiche, Buttino conduce la narrazione come in un dialogo con il lettore, gli si rivolge in prima persona, gli spiega i passaggi cruciali della sua interpretazione.