Breve storia della Biblioteca e dell’Archivio
di Paolo Carrega
Nella relazione di William Valsesia allegata alla delibera costitutiva del Consorzio dell’Isral, redatta nei primi mesi del 1976, questi poneva, tra i “problemi indispensabili” da risolvere, quello della costituzione di una Biblioteca “che possa raggruppare l’essenziale su Resistenza e Antifascismo”(1).
Nella prima riunione del “Comitato Tecnico Consultivo”, il 4 ottobre 1977, Carlo Gilardenghi dal canto suo evidenziava la necessità di “dotare la città di un agile strumento di lavoro per tutti coloro che intendono dedicarsi allo studio della storia contemporanea locale, istituendo un archivio di documentazione, una biblioteca ed emeroteca specializzata”(2).
Il compito della realizzazione di questo obiettivo fu assunto fin dai primi mesi del 1978 da Guido Ratti, dunque con notevole tempestività, come appare dalle relazioni stese dallo stesso Ratti e dai suoi collaboratori nel Notiziario che chiudeva ogni numero del “Quaderno”, la pubblicazione semestrale dell’Istituto che iniziò ad uscire nello stesso 1978.
Tale compito, la cui complessità e difficoltà è ben nota a chi sia stato chiamato a riorganizzare biblioteche o archivi storici danneggiati dal tempo o dall’umana incuria, era facilitato dal fatto che “in ambedue i casi – come fa rilevare Ratti nella prima relazione in merito – l’Istituto non parte da zero ma, grazie ad una serie di donazioni, può contare su un nucleo iniziale consistente, sia di documenti originali che di volumi”(3).
Vi era tuttavia in realtà un notevole divario tra l’archivio e la biblioteca: mentre il primo poteva contare già una consistenza di “oltre 9000 documenti della più eterogenea provenienza, interessanti soprattutto le origini e l’opposizione al regime fascista, l’attività delle formazioni partigiane e la crisi politica post-bellica”, la dotazione della biblioteca si limitava a “400 voci di bibliografia generale, cui si debbono aggiungere alcune collezioni di periodici e di riviste scientifiche”, ma non andava sottovalutata, per la presenza in essa di “oltre 300 opuscoli, buona parte dei quali di grande interesse storiografico, in quanto si tratta di materiali stampati alla macchia”(4), insomma – per usare un’espressione più prosaica e insieme più tecnica – di stampa clandestina, fonte veramente rara e preziosa.
Tra le prime donazioni della Biblioteca si possono trovare edizioni rare e curiose, soprattutto grazie a quelle dei consolati torinesi della Jugoslavia e dell’Urss, che infatti Ratti si premura di ringraziare “per la prodigalità e solerzia con cui hanno esaudito le richieste di materiale bibliografico”(5). Possiamo così trovare nella biblioteca dell’Istituto volumi editi dall’agenzia di stampa Novosti di Mosca, dall’Ufficio Stampa della Legazione d’Ungheria a Roma, dalle edizioni “Narodna Armija” e “Medunarodna Politika” di Belgrado.
Ratti si propone l’obiettivo dell’incremento di questa dotazione iniziale, “attraverso acquisti per quanto riguarda la sezione bibliografica, attraverso le donazioni per la parte archivistica”. E prende subito un indirizzo che doveva trovare nei primi anni Ottanta – anche se su un terreno lievemente diverso – un grande sviluppo, contribuendo inoltre a far uscire la biblioteca dell’Isral da una pericolosa autoreferenzialità per inserirla nel tessuto vivo delle reti bibliotecarie che proprio negli anni Ottanta raggiungeranno la più ampia diffusione: “si prevede di attrezzare l’Istituto appositamente per la raccolta e l’utilizzazione di materiali microfilmati: e su questa direttiva ci si muove anche per quanto riguarda il recupero, nelle biblioteche nazionali e nei fondi privati, del materiale stampato alla macchia, delle collezioni di giornali e fogli volanti del periodo bellico, ecc.”(6).
Un’altra politica inaugurata allora, che sarà costantemente seguita dalla Biblioteca fino a oggi, è quella dell’incremento del patrimonio dei periodici tramite lo scambio di riviste con altri Istituti culturali, e segnatamente con gli altri Istituti storici della Resistenza. Mentre non ebbe seguito – o almeno non se ne trova traccia nell’attuale struttura delle segnature di collocazione – l’ipotesi avanzata dal Comitato (che Ratti chiama già “scientifico”) di “aggregare il materiale via via acquistato o raccolto in quattro sezioni: Fascismo e Antifascismo (generale); Resistenza (generale); Storia locale contemporanea (specifico); Cultura e tradizione popolare (specifico)”(7). Solo l’ultima sezione sembra aver trovato verosimilmente una realizzazione nell’attuale “Fondo Ferraro”, annesso al Centro di Cultura Popolare omonimo.
A sei mesi da queste prime dichiarazioni d’intenti, ecco arrivare i primi frutti: innanzitutto l’incremento del patrimonio librario, che a novembre 1978 era passato da 400 a 1000 volumi, poi l’attivazione di numerosi scambi di periodici, soprattutto con “molti Istituti confratelli”(8). Sulla strada della visibilità si colloca poi il progetto di collocare una copia del catalogo, già allora quasi completo (le schede coprivano il 70% del patrimonio librario complessivo) presso la Biblioteca Civica di Alessandria.
E’ sempre alla fine del 1978 che risale l’acquisizione del fondo che rimarrà fino ad oggi il cardine dell’archivio storico dell’Istituto: mi riferisco alle carte dell’Ufficio Politico Investigativo della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, a cui giustamente veniva dato grande rilievo nel notiziario.
Nel luglio 1979 il patrimonio librario in dotazione alla biblioteca aveva raggiunto i 1000 volumi, anche grazie a una consistente donazione dell’Anpi provinciale (attuale fondo ANPI, 338 volumi). Inoltre era stata acquistata un’apparecchiatura per la lettura di microfilm.
Nel 1980, a neppure quattro anni dalla nascita dell’Istituto, la biblioteca e l’archivio storico potevano così essere finalmente aperti al pubblico: a garantire il servizio, tutto nel segno del volontariato, Lorenza Lorenzini per l’archivio storico, Barbara Viscardi per la biblioteca, con il coordinamento di Guido Ratti. Nello stesso notiziario in cui si annunciava l’apertura veniva riportato uno stralcio del regolamento “approvato dal Comitato Scientifico dell’Istituto nella seduta ordinaria del 10 ottobre 1980”(9).
Tuttavia, il progetto di maggior rilievo varato in quell’anno fu senza dubbio la “schedatura dei periodici alessandrini conservati presso la Biblioteca Nazionale di Firenze”(10), curato da Roberta Gilardenghi, non solo per l’arricchimento di cui beneficiò la biblioteca, ma anche perché il progetto, obbligandola a prendere contatti con altre realtà, ne accelerò il processo di integrazione nelle reti che si andavano allora costituendo. Infatti già l’anno successivo, proprio a proposito dell’avanzamento del progetto, Guido Ratti affermava: “è emersa la necessità e la volontà di coordinare l’iniziativa a livello almeno provinciale. A tal fine si è costituito presso il nostro Istituto, per ora in modo informale, un Comitato di coordinamento bibliotecario cui hanno aderito le biblioteche di Alessandria, di Asti, di Casale, di Tortona e di Valenza (e naturalmente quella dell’Istituto storico)”.
Questa volontà si estese ben presto anche all’archivio: il 1982 è ribattezzato nientemeno che Anno archivistico dell’ISRA, per via dell’eccezionale concentrazione di iniziative in tale campo varate dall’Istituto in quell’anno: il censimento degli archivi comunali della provincia di Alessandria (iniziato già, a rigore, l’anno precedente), il riordino dell’archivio proprio dell’Istituto, l’intenzione di dedicare un numero monografico del Quaderno all’ “Archivistica minore”, cioè in sostanza agli archivi di enti privati, di famiglie e di persone(11). Anche in questo caso si annuncia la necessità di instaurare “rapporti di collaborazione […] con altri gruppi di ricerca, con enti ed istituzioni operanti o preposti alla tutela dei beni culturali”(12).
Il 1985 è l’anno dell’ingresso dell’informatica in Istituto, evento che si può ben dire rivoluzionario per la Biblioteca, se si pensa che in quegli stessi anni l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali stava varando l’ambizioso progetto del Servizio Bibliotecario Nazionale, che nell’uso degli strumenti informatici trovava la sua base imprescindibile: “un protocollo di intesa tra lo Stato e le regioni sul modo di far progredire e portare a conclusione la sperimentazione di SBN sul territorio nazionale fu siglato nel maggio del 1984”(13).
Anche se l’adesione della biblioteca dell’Istituto a SBN era ancora una prospettiva lontana, l’attenzione rivolta dai suoi ricercatori alle nuove problematiche e possibilità legate all’utilizzo dell’informatica creava un terreno fertile per i futuri sviluppi e faceva presagire che, al passaggio del treno, bibliotecari e archivisti non se lo sarebbero fatti passare sotto il naso senza saltarvi sopra. Per ora si trattava di “un breve corso di alfabetizzazione informatica rivolto ai ricercatori dell’Istituto Storico di Alessandria” e della “concessione in uso” da parte dell’Amministrazione Provinciale di “due elaboratori M 24 Olivetti, che hanno consentito di concretizzare molte delle attività programmate. In particolare bisogna segnalare l’elaborazione di un programma […] per l’informatizzazione del protocollo (archivio corrente) dell’Amministrazione provinciale; legati a questo lavoro maggiore sono i progetti di informatizzazione dell’attività amministrativa dell’Istituto, soprattutto per la gestione della biblioteca e dell’Archivio storico e per la memorizzazione degli indirizzi”(14).
Nel frattempo, la prosecuzione del coordinamento con le altre biblioteche della provincia era comunque assicurato dal progetto di aggiornamento della Bibliografia sulla Resistenza in provincia di Alessandria di Lorenza Lorenzini, che doveva coinvolgere “le Biblioteche Civiche di Alessandria, Acqui Terme, Casale Monferrato, Novi Ligure, Ovada, Tortona, Valenza”(15).
L’infaticabile Ratti prosegue anche nel 1986 ad annodare le fila tra la biblioteca dell’Istituto e le altre principali realtà bibliotecarie della provincia: nei mesi di maggio e giugno si tengono infatti ben due incontri con “i Direttori delle biblioteche civiche di Alessandria, Acqui, Ovada, Tortona, Valenza”, durante i quali tra l’altro si prende “la decisione di formare una delegazione provinciale dell’AIB”(16).
Dopo alcuni anni di relativa tranquillità, in cui si potè consolidare la routine dell’attività di catalogazione, prestito, consultazione di biblioteca e archivio, e si incrementò l’archivio storico con l’acquisizione di nuovi importanti fondi, tra cui i cosiddetti “ruolini” (ossia gli elenchi degli effettivi) delle principali formazioni partigiane operanti nel territorio provinciale, e il fondo dell’Intendenza della VI Zona Ligure, un avvenimento pose nuovi problemi e prospettive all’attività di queste due realtà: la fondazione dell’Università in Alessandria, che già nel suo ormai lontano articolo sul “Quaderno” Guido Ratti profetizzava foriera di un imponente rilancio di tutte le biblioteche cittadine. Un primo passo concreto di presa d’atto della necessità di collaborare con questa nuova realtà, dopo alcuni abboccamenti informali, è l’invio, il 1 dicembre 1989, di una proposta di collaborazione al presidente del Comitato per l’Università di Alessandria, in cui tra l’altro si legge: “L’Istituto propone di rendere organico il rapporto con l’Università di Alessandria per l’utilizzazione della propria biblioteca di storia contemporanea, in funzione delle attività didattiche e di ricerca sviluppate in codesta Università. La biblioteca verrebbe aperta al pubblico universitario per ore 10,30 settimanali garantendo non solo prestito esterno e consultazione in loco, ma anche il servizio di consulenza bibliografica. […] Lo schedario alfabetico da collocarsi presso la sede dell’Università potrebbe essere quello attualmente situato presso la Biblioteca civica e largamente sottoutilizzato”(17).
Parallelamente ai contatti con la neonata Università, venivano avviate ipotesi di collaborazione con alcune scuole della provincia per valorizzare le biblioteche scolastiche, spesso in stato di avvilente abbandono. Anche in questo caso la biblioteca dell’Isral confermava il suo ruolo propulsivo nei confronti delle realtà analoghe locali, e soprattutto la costante volontà di collegamento con le reti bibliotecarie che sempre più nel corso degli anni Novanta si estesero e allargarono, anzi erano ormai divenute un’unica rete con la nascita del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN). Un esempio è l’incontro, avvenuto nel 1994, con i responsabili della biblioteca del liceo scientifico di Alessandria(18).
Nel 1991 prende le prime mosse un progetto di informatizzazione degli inventari degli archivi storici conservati dalla rete degli Istituti destinato a dare molti frutti, dato che la metà dei fondi attualmente conservati nell’archivio dell’Isral sono oggi consultabili in rete proprio grazie agli sviluppi di quella lontana iniziativa. “A Sesto S. Giovanni, presso la sede dell’Istituto milanese – si legge infatti nel Notiziario di quell’anno – si è svolta il 19 settembre la giornata di studio organizzata dall’Insmli sul tema Archivi storici degli ISR: ordinamento, descrizione, automazione”(19).
Il 1998 è un anno molto importante sia per la biblioteca che per l’archivio dell’Istituto, un anno che si può a buon diritto definire come un traguardo, col quale dunque termino questa mia breve narrazione. Infatti gli sforzi per dare piena visibilità alle risorse documentarie custodite, iniziati con l’adesione a reti, il costante contatto con gli altri Istituti, le periodiche conferenze dei responsabili di questi due servizi nell’ambito della rete INSMLI, lo sforzo di mantenersi aderenti e dialoganti con le diverse realtà culturali locali, in primis le scuole, trovano un duplice coronamento.
Per la biblioteca, si tratta dell’adesione al Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), avvenuto nei primi mesi del 1998 , e preceduto da un “corso di addestramento alla catalogazione in SBN” svoltosi “dal 6 novembre 1995 al 28 febbraio 1996 […] presso l’Università degli Studi di Torino, sede di Alessandria” e “rivolto ai bibliotecari operanti nelle biblioteche della provincia di Alessandria […] organizzato dal Consorzio per lo Sviluppo dell’Elettronica e dell’Automazione (CSEA) in convenzione con la Regione Piemonte, con particolare interessamento dell’Istituto”(20).
Dopo la stesura di un “Protocollo d’Intesa che disciplina i criteri di conservazione, schedatura e pubblicizzazione dei rispettivi patrimoni librari”(21), si procedette al riversamento nell’indice SBN di tutto il materiale librario dell’Istituto, che era già stato catalogato con un altro strumento informatico, ERASMO (anche se di questo imponente e prezioso lavoro non ho trovato alcuna notizia nel Notiziario): da questo momento, e come avviene ancor oggi, “da qualsiasi biblioteca italiana collegata al nodo SBN si potranno dunque consultare i cataloghi dell’Istituto e accedere ai relativi servizi”(22).
Lo sforzo per dare all’ente visibilità e fruibilità al patrimonio da esso conservato, attuando così appieno quella che Giorgio Montecchi indica come la “dimensione orizzontale” della biblioteca pubblica(23), si esauriva così dopo molti anni nel conseguimento del massimo risultato possibile.
Per l’archivio, si tratta della conclusione (se si escludono pochi fondi) del lavoro di informatizzazione degli inventari mediante il programma CDS/Isis, le cui premesse sono da rintracciarsi nella giornata di studi promossa dall’INSMLI nel lontano 1991, e nella compilazione della prima edizione della Guida agli Archivi della Resistenza(24).
A dieci anni da questo importante traguardo, e a trenta dalla loro fondazione, la biblioteca e l’archivio dell’Istituto godono ancora di ottima salute. Sono diventati grandi, sono cresciuti: l’archivio conta 46 fondi e la biblioteca si avvia a tagliare il traguardo dei 30000 volumi.
Ben integrati l’una in SBN, l’altro nella rete INSMLI e in quella degli archivi piemontesi (“Progetto Guarini”), intrattenenti una fitta rete di rapporti con gli “Istituti confratelli” e con le principali realtà culturali della città e della provincia, rimangono una realtà importante di riferimento per gli studiosi, un deposito imprescindibile di conoscenze e informazioni per chi vuole mantenere viva la memoria e il valore della Resistenza e tenersi aggiornato sui principali temi e problemi di storia contemporanea.
La biblioteca, in particolare, ha visto allargarsi il proprio bacino di utenza, specie grazie a una stretta collaborazione con le scuole promossa dalla Sezione didattica dell’Istituto: attualmente i lettori sono circa 200, con una prevalenza delle donne. In media ogni anno vengono dati in prestito circa 2500 volumi, e 1000 nuovi documenti vanno ad aggiungersi al già consistente patrimonio: una parte sempre maggiore di essi è formata da materiale multimediale. L’emeroteca, con le sue 500 riviste specializzate in storia contemporanea, antropologia e scienze sociali, si può ben ritenere una delle più importanti della provincia nel settore.
La novità più significativa degli ultimi anni è senza dubbio rappresentata dalla digitalizzazione: la Biblioteca dell’Istituto possiede importanti raccolte di periodici di fine Ottocento e inizio Novecento, che ponevano urgenti problemi di conservazione, vista la fragilità del supporto: questi sono stati risolti in modo ottimale con il riversamento su supporto digitale, che permette la fruizione più ampia di tali documenti senza pregiudicarne l’integrità.
Anche l’Archivio ha visto nell’ultimo anno un consistente incremento di fondi, la maggior parte appartenenti a personalità da poco scomparse delle sezioni del Pci provinciale: il fondo Inverardi, il fondo Raschio, costituiranno nei prossimi anni una fonte di primaria importanza per la ricostruzione della storia del Partito Comunista nella nostra provincia; nel prossimo anno inoltre sarà acquisito un terzo archivio, quello di Carlo Pagella.
Ma anche per l’Archivio, le novità più importanti le dobbiamo cercare nel mondo dell’informatica: attraverso l’utilizzo di potenti software per l’inventariazione e il riordino si stanno formando database utilissimi per la ricerca storica, che renderanno alla fine – certo in un tempo non vicinissimo – superflua la consultazione dei documenti stessi, risolvendo anche in questo caso l’annoso dilemma conservazione/fruizione.
A tutte queste risorse è possibile già fin d’ora accedere dalla rete Internet attraverso molteplici punti di accesso, dal sito dell’Istituto a quelli dell’Insmli, della Regione Piemonte, del Servizio Bibliotecario Nazionale, con tutte le potenzialità di ricerca offerte dai cataloghi ed inventari on-line.
E il futuro? Esso ha un nome ben preciso: biblioteca virtuale. Attraverso l’estensione della digitalizzazione, gran parte del patrimonio documentale dell’Istituto (non solo quello della Biblioteca e dell’Archivio, ma anche l’archivio fotografico e quello sonoro, ambedue ricchi e consistenti) sarà reso direttamente disponibile on-line: non parlo dei cataloghi, ma dei documenti stessi. Si intuisce subito quali nuovi orizzonti si apriranno alla ricerca, quali potenzialità informative, ora solo latenti nei documenti, si dispiegheranno in tutta la loro ampiezza: per gli archivi soprattutto il mutamento sarà profondissimo. Si tratterà di un lavoro lungo, ma già si sono mossi con entusiasmo i primi passi.
Accanto a quest’obiettivo principale e a lungo termine, vi sono progetti meno ambiziosi e a breve termine: l’implementazione dei servizi di prestito, la stesura di cataloghi tematici da pubblicare sul sito dell’Istituto, il completamento del restauro del fondo Dossena, una preziosa raccolta di volumi del XIX secolo, già in parte restaurato. Tutti questi progetti hanno in comune l’intento di valorizzare nel modo più ampio il patrimonio documentario dell’Istituto, ricco ma troppo spesso nascosto.
Note
1. Amministrazione provinciale di Alessandria. Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 127, 10 maggio 1976, Allegato A, Relazione in ordine alla costituzione e per una linea di sviluppo dell’Istituto per la storia della Resistenza della Provincia di Alessandria
2. La provincia di Alessandria, A. XXIV, n. 3, p. 40
3. Quaderno, A. I, n. 1, p. 59. Il Notiziario del Quaderno rappresenta la fonte principale e insostituibile delle notizie riportate in questo articolo
4. Ibidem
5. Ibidem
6. Ivi, p. 60
7. Ibidem
8. Quaderno, A. I, n. 2, p. 114
9. Quaderno, A. III, n. 5, p. 183
10. Ivi, p. 180
11. Verrà invece pubblicato un volume monografico, che raccolse gli atti del convegno di studi organizzato dall’Istituto alla fine del 1983. Cfr. Archivi nell’Alessandrino: piccola storia, grande storia. Atti del Convegno di Studi Storici e archivistici, Alessandria, 2-3 dicembre 1983, a cura di Guido Ratti, Alessandria, Edizioni Dell’Orso, 1985.
12. Quaderno, A. V, n. 10, p. 154
13. Giorgio Montecchi, Fabio Venuda, Manuale di biblioteconomia, Milano, Bibliografica, 2000, pp. 41-42
14. Quaderno, A.VIII, n. 15, p. 271; Quaderno, A. VIII, n. 16, p. 261
15. Quaderno, A. VIII, n. 15, p. 275. Il tema del coordinamento interbibliotecario era d’altro canto stato affrontato in modo organico da Guido Ratti in un ampio intervento apparso sullo stesso numero del Quaderno, nel quale prospettava la trasformazione della biblioteca civica della città in Biblioteca consorziale, con funzioni direttive di un ipotetico sistema bibliotecario provinciale anch’esso da costituirsi, e ad esso venne pure dedicato un seminario di studio alla fine del 1985.
16. Quaderno, A. IX, n. 17, p. 218
17. Quaderno di storia contemporanea, n. 6, p. V
18. Quaderno di storia contemporanea, n. 15, p. III
19. Quaderno di storia contemporanea, n. 10, p. II
20. Quaderno di storia contemporanea, n. 19, p. I
21. Ivi, p. IV
22. Quaderno di storia contemporanea, n. 21/22, p. I
23. Giorgio Montecchi, Fabio Venuda, Manuale di biblioteconomia, cit., pp. 66-68
24. Quaderno di storia contemporanea, n. 24, 1998