La morte di Michel
Un giovane operaio di diciannove anni all’Ansaldo di Genova-Voltri, decide di lasciare tutto per salire in montagna ed entrare nella “banda di ribelli” che, dopo l’8 settembre 1943, si è formata, nell’entroterra di Chiavari, attorno ad Aldo Gastaldi, Bisagno, il più noto e autorevole comandante partigiano della zona ligure-piemontese.
È l’inizio di una esperienza umana e politica destinata a segnare una vita, che viene rievocata in racconti che, apparsi per la prima volta più di quarant’anni fa, nel 1960, sono ora ripubblicati perché non hanno perso nulla della loro vitalità testimoniale e della loro freschezza narrativa.
L’autore ci guida in tutte le tappe dell’avventura resistenziale vissuta, dal febbraio 1944 fino alla liberazione, nella formazione garibaldina della “Pinan-Cichero”, sull’Appennino tra Genova e la Val Borbera.
Ne viene fuori la storia tipica e comune ad un’intera generazione di giovani che, in circostanze drammatiche, nelle quali non era facile fare le scelte giuste, maturarono alla vita e alla scoperta degli ideali di libertà e democrazia. E misero in gioco la propria vita. E molti la persero come il sedicenne Michel a cui è intitolato il libro.
Una maturazione umana e politica che si è costruita dunque nel confronto con la violenza e la morte che la lotta contro il fascismo e il nazismo imponevano come una tragica necessità. Ma anche che è stata raggiunta, questa maturazione, attraverso la definizione di regole morali e di comportamento rigide e severe – quel “codice Cichero” rimasto nella memoria dei protagonisti come una conquista individuale e collettiva.
Bruno Berelllini, La morte di Michel, Recco – Genova, Le Mani, 2006