Poi io ho conosciuto questo ragazzo, che poi come nome di battaglia ha preso Verde, Mantelli Luigi. Ho conosciuto questo amico e non sono come sono venuto a contatto con il dottor Bovone, di Novi, che ci ha detto: “Volete andare in montagna? Andate a mio nome alla Benedicta”… sapeva che c’era qualcosa… ma noi non avevamo nulla. Nulla. Ci siamo cambiati un po’, scarponi e tutto… e siamo partiti. Il giro che abbiamo fatto per andare alla Benedicta!… siamo andati ad Alessandria.
Abbiamo preso il treno e siamo arrivati a Rossiglione, e nessuno ci ha chiesto nulla. Certo che si era di notte… all’indomani di nuovo di notte… arrivati a Rossiglione, c’era un alberghetto… e siamo andati a mangiare, avevamo quattro soldini… pochi… e poi abbiamo dormito. Al mattino ci siamo alzati e abbiamo fatto colazione e siam venuti in città. E vedevamo 2 o 3 persone di una certa età che ci guardavano, sedute a un tavolino. E… “Mah! – io dico – chi sono questi qua? Non vogliono mica…” Paghiamo e ce ne andiamo subito, perché qui può andare male.
Diciamo: “Quant’è che dobbiamo della cena di ieri?”. Si alzano queste tre persone e dicono: “Ragazzi è già tutto pagato”. Noi ci siamo guardati… e abbiam detto: chi sono questi?!? Qualcuno che vuole venire a letto con noi, no? Capirai, noi subito si è pensato così, ci siamo messi a ridere… “No, ragazzi – dice uno – voi siete ragazzi che volete andare forse in montagna”… “Ma chi siete voi?” “Noi facciamo parte del comitato di Rossiglione che diamo aiuto ai ragazzi che sono in montagna. Venite: noi andiamo avanti e voi ci seguite”.
Abbiamo passato il torrente, siamo andati verso la Colma e ci hanno detto: “Ora seguite questo sentiero. Andate sempre avanti e vi troveranno loro”. Ci hanno salutato e sono andati via.
Abbiamo camminato per delle ore, per delle ore… finalmente siamo arrivati in un cascinale, siamo entrati e c’erano dei partigiani. Siamo andati lì e son rimasti di stucco questi partigiani, no? Chi siete, chi non siete… allora quando ho detto: “Guardate, ci manda il dottor Bovone, e dobbiamo andare da un certo Bovono…”. “Ah! Mio cugino!”. Proprio lui era lì… allora abbiamo fatto amicizia e han preso un partigiano e gli hanno detto di portarci al comando. E noi abbiamo cominciato così l’avventura come partigiani alla Benedicta. E ci han mandato, al distaccamento dove c’erano tutti quelli di Novi, alla cascina Nuova.
D.- Ma come era la situazione? L’armamento era buono?
Armamento… Noi eravamo tutti armati? Fucili, qualche Sten…
Solo che quelli che non erano armati erano quelli vicino a noi, quelli di Odino. Qualche d’uno aveva qualche arma, ma l’80% erano disarmati. Noi li chiamavamo i badogliani, no?
Mah… Capivamo che non andava con il nostro comando. Perchè noi eravamo dei garibaldini e loro invece…li chiamavano i badogliani. Qualcosa non andava… Perché noi dicevamo: i badogliani, ed eravamo da noi un po’ emarginati…come dire: puf! non sei niente, nessuno…
D.- Quindi tu sei rimasto alla Benedicta sino all’aprile del ’44, sino al rastrellamento…
Il rastrellamento. Noi eravamo sopra il Lago della Lavagnina, al Roverno, cascina Roverno… E ricordo che una mattina eravamo tutti lì con il nuovo comandante di distaccamento. Insomma che quella mattina io me ne vado di pattuglia, io e altri due partigiani. Ho trovato Sbarra e mi dice: no, tu non vai di pattuglia perché stasera noi partiamo in azione e tu sei incluso.
D.- Quindi non c’era il sentore del rastrellamento…
No, non si sapeva niente. Dopo si è saputo…Va be’, andiamo in ordine.
E allora Tulipano, Ezio, uno di Novi, è andato in pattuglia al posto mio e noi ci preparavamo per la sera per andare in azione. Intanto il Verde aveva fatto un risotto con i fagioli, preparava soffritti e tutto. Gustavamo già…
E in un attimo…guardiamo: verso i laghi… Ma cosa quella cosa che si muove laggiù? Un biscione? Cos’é? Allora Sbarra, il comandante, va e prende il binocolo. “Uh! – dice – una colonna enorme di tedeschi che sta venendo da questa parte…”. E la miseria! Noi… Nessuno ci ha avvisato, niente… E allora via in fretta e furia, abbiamo fatto sù tutta la nostra roba, per andare via…
E allora abbiamo preso e siamo andati verso la Benedicta. Ah! Pardon. Mentre eravamo lì che si raccoglieva tutta la roba del distaccamento arrivano due partigiani, di corsa, tutti spaventati, gridavano! “Hanno ammazzato Orfeo, hanno ammazzato Orfeo”, cioè Tulipano Ezio, no? E infatti c’hanno sparato e il primo morto è stato quello. Che poi ha fatto una morte poverino… Gli hanno lasciato di guardia due fascisti e per un giorno e una notte a lamentarsi lì a terra, e quelli della cascina che era vicino volevano portarci da bere e qualcosa e glielo impedivano. L’hanno lasciato morire lì, così, dissanguato, che poteva anche campare se lo curavano, no?
E allora poi siamo andati alla Benedicta e c’era Macchi che comandava e gli abbiamo spiegato tutto, no? Dice: “Ragazzi qui.. Prendete qualche cosa da mangiare… Armi ne avete… Munizioni?” E ci ha dato un sacchetto di pallottole di scorta e qualche bomba a mano in più.
Mentre stavamo uscendo abbiamo visto 8 carabinieri. Era il primo giorno che erano venuti in montagna e poi li hanno fucilati tutti. “Va bene ragazzi, in gamba”. “Noi andiamo l alla Benedicta – dice uno dei carabinieri – e sentiamo cosa c’è da fare…”. Poi li hanno presi e li hanno ammazzati tutti…
Mentre noi ci incamminiamo per andare verso il ponte del Molino di Voltaggio, proprio nel punto dove ora c’è la cappelletta sotto la Benedicta, abbiamo trovato una schiera dei famosi badogliani di Odino. 30, 40, 50… Non so quanti, forse 100… E cantavano. Tutti insieme. Ohhhh…. E io ricordo che gli ho detto: “Ma cosa fate!?!? Cantate? Ma sparpagliatevi, tre o quattro… assieme e via…”
E invece cantavano!. Felici, loro… Venivano da noi perché dicevano: “Ci difendono loro, sono armati…”
“Ma sparpagliatevi, non state tutti quanti insieme, ci dicevamo noi. Anche gli altri miei amici lo dicevano. E invece loro sono andati alla Benedicta. E noi siamo andati in giù; a un certo punto vedevamo qualche partigiano in fondo che correva come una lepre verso il bosco e una sparatoria enorme. Arrivati a un certo punto in alto ci hanno sparato anche a noi, si vede che erano i tedeschi che….
Siamo andati in giù, siamo andati in un boschetto. Fermi lì. Ci han fermato e abbiamo visto i tedeschi che scendevano e sparavano sia da sopra che alla nostra destra, dove abbiamo visto quei partigiani che scappavano, verso la Benedicta. Sembrava l’assalto di un’orda indiana. OhHHH… Ohhh… Gridavano! Sparavano verso la Benedicta e lì è quando hanno preso la Benedicta.
Noi eravamo in 19… Verso sera… Abbiamo sentito un colpo tremendo che ha rintronato dappertutto. Dopo, a fine guerra, dopo tanto, ho saputo che hanno fatto saltare le grotte, no? Dove hanno preso questi ragazzi. La Tana del Lupo. E poi tutta la sparatoria… Per far chiaro per vedere. Sparavano razzi, tutto… Poi a un certo punto è arrivato mattina e ci siamo fermati…
E poi di nouvo via… A un certo punto abbiamo trovato due inglesi, che erano con noi. E dicono: “Noi stiamo qui e vedremo…”. Noi invece abbiamo proseguito e abbiamo mangiato qualche cosa, castagne secche che siamo andati a prenderle in un cascinale. E poi a un certo punto ci siamo divisi 3 per 3.
C’era uno con noi, un ragazzo meridionale, no? Tutto spaventato che quasi non riusciva a parlare, e si è aggregato a noi. A un certo punto dice: “Io voglio andare da questa parte”. Che in fondo c’era la strada che da Molini portava a Voltaggio, attraverso la strada… “Vado verso il meridione, dalle mie parti”. Tutti gli abbiamo detto: “Non andare, non andare, ci possono essere i tedeschi. Stai qua con noi…Vedrai che poi da una parte o dall’altra ti infilerai…”. “No, no, io voglio andare, voglio andare”. E’ sceso giù, ha attraversato la strada… Abbiamo sentito fare Tapum! E lo abbiamo visto steso là. Si vede che c’erano i cecchini, no?
E allora abbiamo detto: 3 per 3 e via. E’ partito i primi tre e sono andati giù. dall’altra parte del monte hanno fatto il segnale: tutto libero. A 3 per 3 siamo passati. Gli ultimi tre siamo stati io, il Verde e uno di Novi.
Ci hanno fatto segno e siamo arrivati in fondo e c’era un po’ di sorgente e ci siamo fermati a bere. Ho bevuto mentre Verde e l’altro si sono incamminati, no? stavo bevendo e sento che dicono: “I tedeschi!”. Mi giro e in fondo c’erano 7 o 8 tedeschi con due cani lupo. Hanno sparato una raffica, io ho fatto un salto per saltare anch’io e andare sù; ho battuto con il ginocchio contro uno spigolo di roccia e sono caduto.
Il Verde dice “Morgan è morto, andiamo!”
Io… belin, ero con il ginocchio che avevo battuto ma è stata la mia fortuna che mi ha salvato. Perché la raffica ha picchiato proprio nella roccia dove ero io. Ho fatto il giro sono andato di nuovo da loro e ho detto: “Col cavolo che sono morto! Mi lasciavate lì se ero ferito…”. Ma è la paura, no? Sentivamo il fiato, l’affanno dei cani dietro…
Poi siamo arrivati in cima e siamo venuti gi a scivolone proprio con il sedere a terra, fino in fondo e siamo andati a sbattere sulla ghiaia del torrente, il Lemme… C’erano due donne che facevano il bucato, tra l’altro… Abbiamo fatto un salto come una molla e abbiamo saltato il torrente e siamo andati dall’altra parte e ci siamo fermati. Sopra abbiamo sentito delle macchine, cammionette tedesche che da Voltaggio venivano sù e hanno rastrellato quel cocuzzolo lì. E noi eravamo già dall’altra parte.
Abbiamo fatto venire sera… Poi siamo andati verso Monterotondo, abbiamo dormito in un cascinale e al mattino siamo poi arrivati a casa. E io sono arrivato a casa che stavano suonando le campane. Mia madre mi ha visto… E sono arrivato a casa così, dopo il rastrellamento, al sabato.
(Dall’intervista resa da Santo Campi a Carlo De Menech il 30 dicembre 1978, conservata nell’archivio sonoro dell’Isral)