I Sentieri della Libertà. Alta Valle Orba – Erro – Bormida di Spigno #3

I Sentieri della Libertà n. 3 – Piancastagna – Bricco – Pessina – Pianazzi – Moretti

L’itinerario, percorribile a piedi o a cavallo ed ancora, per lunghi tratti, in mountain-bike, è molto lungo e può essere diviso in due tratti.

All’inizio delle case della frazione di Piancastagna sorge il Sacrario che ricorda che ricorda i combattimenti sostenuti durante il rastrellamento del 7-10 ottobre 1944, l’uccisione di civili e l’incendio di località, la collaborazione tra partigiani, contadini, operai, clero, ufficiali dell’esercito, donne, militari stranieri passati alla resistenza.

Dopo la distruzione di Bandita e la dispersione dei partigiani della divisione GL, (vedi il racconto subito sotto) i tedeschi, rinforzati da reparti della Brigata nera e della San Marco, sferrarono un attacco concentrico lungo quattro direzioni: da Ovada verso Molare, San Luca e Olbicella (da nord), da Acqui verso Visone, Grognardo e Morbello (in direzionesud-est), dal Sassello verso Croce del Grino e Piancastagna (in direzione nord-est) e ancora da Acqui verso Ponzone, Cimaferle e Piancastagna (direzione sud).

Le formazioni partigiane della Divisione Ligure-alessandrina si attendevano l’attacco ma, per una decisione incomprensibile del comandante Vito Doria “Carlo” si attestarono attorno a Olbicella, sede del comando, con l’intenzione di sostenere una difesa statica (che era in netto contrasto con la tattica della guerriglia partigiana).

La difesa ad ovest era affidata a un reparto di sessanta uomini (tra cui molti disertori della San Marco) comandato dal capitano degli alpini Domenico lanza “Mingo” (medaglia d’oro al valor militare): alle sette del mattino del 10 ottobre le due colonne provenienti da Acqui e dal Sassello si incontrarono e marciarono verso Piancastagna, dove furono fermate dalle quattro mitragliatrici di Mingo disposte sulla cresta che domina la strada tra Abasse e Piancastagna (il sentiero si diparte alle spalle del Sacrario).

I partigiani resistettero sino a mezzogiorno poi, esaurite le munizioni, si sganciarono mentre Mingo restava a coprire la ritirata, e cadde colpito al volto e al petto mentre, a colpi di bombe a mano, tentava di fermare i camion nemici. Altri sette partigiani vennero uccisi nell’inseguimento: uno di essi, un tenente della San Marco che aveva disertato per unirsi ai partigiani, si uccise per non cadere prigioniero. Gli stessi tedeschi rispettarono il valore del capitano Lanza e ne fecero ricomporre la salma convenientemente.

Pochi metri dopo il sacrario si diparte la strada asfaltata che conduce a Cascina Tiole: subito la strada si fa sterrata e, superato un posto tappa attrezzato dalla regione, incontra la cascina (oggi centro della Guardia Forestale); si prosegue sulla sterrata che correndo in cresta permette una vista panoramica sui due versanti.

Giunti al bivio del Bricco si prende a destra in discesa e per rapidi tornanti si scende a Batresca, dove nel corso dell’attacco del 10 ottobre 1944 furono radunati molti anziani rastrellati dai nazifascisti. Da Batresca si scende al rio di Roccabianca e si risale sull’erta carrareccia fino a giungere a Pessina. Qui furono catturati cinque partigiani e la frazione venne bruciata.

Da qui si può concludere il percorso ritornando a Moretti e quindi a Piancastagna per la strada asfaltata, ovvero proseguire come viene di seguito indicato.

Per una strada sterrata che contorna uno spazio privato cintato (il cartello con divieto di accesso non si riferisce al passaggio pedonale lungo il sentiero) si scende al rio di Pessina che si oltrepassa utilizzando una passerella.

A fianco del corso d’acqua si notano i resti di una canalino scavato per servire un mulino poco distante di cui ancora si notano i ruderi: a sinistra con breve deviazione si giunge ad un “bottazzo”, cioè un bacino artificiale per raccogliere le acque del canalino e quindi indirizzarle per il movimento delle pale del mulino: oggi si presenta come uno spazio ovale con bordi rialzati all’interno del bosco; subito sotto il mulino di cui restano le strutture esterne, le pale e le macine.

Completamente nascosto nel bosco il mulino fu usato per la macinazione clandestina durante l’occupazione per evitare la consegna all’ammasso delle granaglie.

Ritornati sul sentiero poco oltre si può compiere un’ulteriore breve deviazione per visitare un essiccatoio per castagne (“auberge”) in perfette condizioni.

Ritornati di nuovo sul sentiero dopo poco si compie un’altra breve deviazione per toccare i ruderi di Sedovi (“an sò ed Ui”, sulla proprietà di Ui) dove nel corso del rastrellamento decine di partigiani furono quasi sorpresi dai tedeschi mentre mangiavano polenta offerta dai contadini della piccola frazione, e si dettero ad una fuga precipitosa. (Cautela tra i ruderi, alcuni dei quali pericolanti).

Ritornati sul sentiero ci si dirige rapidamente sotto al Bric Alto delle Scarne incontrando alcune carbonaie, spiazzi adibiti un tempo alla produzione del carbone di legna. Si incontrano pure alcune “grotte”, cioè ripari nascosti sotto sporgenze di rocce usate in alcuni momenti come rifugi.

Al termine di una ripida salita si giunge in cima al Bric Alto delle Scarne. Il luogo, dall’impareggiabile panorama a 360°, venne utilizzato ripetutamente per lanci da parte degli alleati che sui retrostanti Pianazzi trovavano uno spazio pianeggiante ed ampio. Sui contrafforti di rimpetto al Bric si schiantò, durante una missione, un aereo inglese sul quale prestava servizio l’allora maggiore Jan Smith, che in seguito sarebbe diventato primo ministro (secessionista) della Rodhesia.

Percorso longitudinalmente l’ampio pianoro (sulla sinistra del quale restano alcuni edifici abbandonati, già azienda agricola), sulla destra si diparte una carrareccia che conduce a Pian Siriti (lasciando sulla sinistra il Bric Berton, dove sorge un invaso che serve l’acquedotto della valle) e poi Siriti, da cui si giunge in breve a Moretti, e, su asfalto, a Piancastagna.

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