Questa parte dei sentieri del Parco delle Capanne di Marcarolo inseriti nel Progetto della “Memoria delle Alpi” trova la sua motivazione principale negli eventi legati ai primi insediamenti partigiani nell’inverno 1943-1944 che originarono il rastrellamento della Pasqua 1944 e culminarono nell’eccidio della Benedicta. Il territorio costituisce anche una entità ecologica di rilevante interesse per la conservazione della natura e per questo è stato individuato come Sito di Interesse Comunitario.
L’EVENTO
98 furono i fucilati alla Benedicta. Un centinaio caddero nei combattimenti o furono fucilati a Masone, Voltaggio, al Passo del Turchino, a Passo Mezzano, a Isoverde. 206 vennero deportati ( e pochissimi tornarono), circa 200 riuscirono fortunosamente a sfuggire dal treno che li portava nei Lager.
Anche i contadini pagarono un alto prezzo. Molte cascine furono bruciate ed alcuni di essi pagarono con la vita o furono seviziati, come al Palazzo ai Foi. L’evento ebbe grande risonanza non solo sulla popolazione locale, ma influenzò la riflessione e la rielaborazione dei metodi di guerriglia. Le battaglie di Estate in Val Borbera possono anche essere viste come il frutto di questa riflessione
I SENTIERI
I sentieri indicati furono interessati da altri eventi legati alla Resistenza. Una parte di essi furono i cammini che i parenti delle vittime percorsero per ricercare i loro cari, trovarne ed identificarne le salme, rendendo loro l’omaggio che i tempi potevano consentire, e, nel dopoguerra, per riportarle ai paesi di origine.
L’importanza storica dei Sentieri non si limita al periodo legato alla Resistenza. Essi ripercorrono sia antichi cammini di collegamento tra le cascine e i luoghi di amministrazione monastica o feudale (le prime citazione della Benedica risalgono all’XI secolo) sia i tradizionali percorsi che a partire dall’alto Medioevo collegavano il Monferrato e la pianura Padana con il Mare.
LA STORIA
La zona era caratterizzata da insediamenti a cascinali sparsi (solo nella località di Capanne le due osterie, la chiesa ed alcuni cascinali ravvicinati evidenziano un nucleo più consistente). Risultato di un processo partito dalla colonizzazione monastica dei Benedettini nel corso dell’undicesimo secolo questo tipo di insediamento risulta particolarmente funzionale allo sfruttamento del bosco nell’ambito di una economia contadina familiare di sussistenza.
La configurazione ultima deriva dal processo di rifeudalizzazione avvenuto, abbastanza rapidamente, tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo sotto la spinta della possibilità di un redditizio ed intensivo sfruttamento del bosco (legname per le navi, ma non solo, anche castagne e funghi) e che ha visto la gran parte dei cascinali , cosi come le attività artigianali della zona, passare sotto il controllori importanti famiglie genovesi, gli Spinola e i Pizzorno principalmente.
I piccoli proprietari divenire affittuari sotto il controllo dei fattori. In questo quadro La Benedicta continuò a giocare il ruolo di centro amministrativo, ora come sede del fattore degli Spinola.
Nel corso del secolo scorso, soprattutto nella seconda metà, la zona, da sempre caratterizzata dall’emigrazione, è stata oggetto di un processo di spopolamento ed abbandono che ha visto gli abitanti ridursi ad una cinquantina e l’abbandono di molti cascinali. Oggi vi sono segni di ripresa, ai pochi rimasti a fare la vita del contadino si sono affiancati alcuni nuovi insediamenti con il recupero di alcune cascine.
L’azione del Parco, della Comunità Montana, dei comuni interessati, di Bosio, per dotare la zona di servizi, nel rispetto della natura, ha contribuito anche ad un rilancio turistico. La trattoria degli Olmi a Capanne, che vanta patenti risalenti al 1500, gode di una buona fama gastronomica. Cominciano ad arrivare anche gli stranieri..
IL TERRITORIO
Dal punto di vista geologico e naturalistico la zona attraversata dai sentieri è di estremo interesse.
Essa fa parte del “Gruppo di Voltri” un complesso derivato da deposizioni di rocce basiche tipiche dei fondali oceanici e dalla loro copertura sedimentaria, sempre di mare profondo, che sono state sollevate e trasformate in varia misura nel corso del processo di chiusura di un antico bacino oceanico; processo terminato circa 30000 anni fa e durato un centinaio di migliaia di anni.
Cessati i processi di natura tettonica, le rocce, oramai in sito, sono poi state interessate da un processo di graduali modifiche dovuto al loro adattarsi alle nuove condizioni di temperatura e pressione e al normale processo di erosione. Questa natura geologica costituisce una eccezionale caratteristica della zona e ne determina la morfologia, la vegetazione e la presenza di giacimenti minerari (oro, rame,lignite,ferro e minerali pesanti) che nel tempo hanno contribuito anche all’economia della valle.
Il territorio è poi caratterizzato dal corso dei due torrenti principali, Gorzente e Piota, e dai loro numerosi affluenti che disegnano con il loro lavoro di erosione paesaggi di particolare bellezza.
Tutto ciò dà un carattere di unicità alla zona del Parco che i nostri sentieri vorrebbero contribuire a valorizzare. Pensiamo infatti che la varietà dei paesaggi e della flora, i resti dell’opera di sfruttamento dell’uomo, le particolarità geologiche non possano sfuggire a un osservatore attento suscitando in lui la curiosità di approfondire, di saperne di più; curiosità che i centri del Parco e della Comunità Montana ed i piccoli musei locali contribuiscono in misure crescente a soddisfare.
I numerosi sentieri esistenti, oltre a quelli qui segnalati, normalmente in buono stato di manutenzione consentono di fruire di queste particolarità e bellezze.
LA FLORA
Varia e ricca dovuta alla particolare posizione tra mare e monti che da origine a situazioni climatiche e microambientali singolari.
L’ambiente ha una vegetazione prevalentemente erbacea ed arbustiva, con frequenti affioramenti di microtorbiere, particolarmente interessanti per gli adattamenti di specie botaniche e per la presenza di piante relitte di glaciazioni (Aster alpinus, Genista radiata).
Tra le specie arboree sono ancora visibili tracce delle antiche coltivazioni di castagno. Si trovano inoltre rovere, faggio, sorbo, pero corvino, ranno ed in seguito a rimboschimenti artificiali, pino marittimo.
Tra i fiori si trovano specie tipiche della flora alpina, come l’Aster Alpinum, ed altre caratteristiche dell’ambiente mediterraneo, ad esempio l’Helychrysum italicum.
Il territorio ospita specie vegetali molto rare o localizzate quali:
- Il Cerastium utriense o peverina di Voltri, la pianta più esclusiva del Parco. E’ stata individuata come specie nel 1988 e cresce solo in questo areale geologico;
- La Viola bertolonii, endemica dell’Appennino ligure, è un altro gioiello del parco;
- L’ Euphorbia hyberna, sottospecie insularis, si trova sul continente solo sulle Alpi Apuane e in un tratto dell’entroterra di Genova in parte compreso nel Parco delle Capanne di Marcarolo;
- La Drosera rotundifolia vive in ambienti acquitrinosi poveri di azoto;
- Diverse qualità di rose selvatiche la più comune delle quali è la Rosa gallica;
- Nelle zone rocciose, verso l’inizio dell’estate, cresce il Linum campanulatum, dalle corolle dorate, oppure il Linum suffruticosum, dai fiori bianchi e rosa pallido;
- A metà marzo fiorisce la Daphne mezereum, chiamata fior stecco la cui particolarità è la comparsa delle foglie successiva ai fiori rosa. Della stessa famiglia, la Daphne cneorum, una delle poche piante in grado di nascere sulle rocce serpentinose;
Esempio della convivenza delle diverse specie sono l’Erica carnea, tipica dell’ambiente alpino e l’Erica arborea, esempio di macchia mediterranea.
Da non dimenticare le specie di narcisi, il Giglio di San Giovanni, le orchidee, e gli ampi prati.
LA FAUNA
La grande varietà di ambienti naturali nel Parco consente un eterogeneo patrimonio faunistico.
I ruscelli e torrenti del Parco ospitano una buona popolazione ittica tra cui spicca la trota fario, bellissimo salmonide, indicatore biologico di buona qualità dell’acqua. Particolarmente importante è la presenza del gambero d’acqua dolce, crostaceo ormai molto raro.
Di grande rilievo è la presenza di rettili e anfibi; la bella salamandra pezzata (Salamandra salamandra), il rospo comune (Bufo bufo), la rana rossa (Rana temporaria) e i due tritoni presenti nel Parco, l’alpestre (Triturus alpestris) e il crestato (Triturus cristatus).
All’interno delle miniere abbandonate, numerose sul territorio, possiamo trovare il geotritone italiano (Hydromantes italicus), di abitudini esclusivamente ipogee.
Il clima mediterraneo e l’ambiente prevalentemente roccioso sono favorevoli alla vita di ben otto specie di serpenti, tutti innocui ad esclusione della vipera, di cui si possono citare il biacco (Coluber viridiflavus) che è il serpente più comune della zona di colore verde/giallastro o nero/giallastro, e il saettone (Elaphe longissima).
I mammiferi sono altrettanto ben rappresentati: volpi, tassi, caprioli, cinghiali, pipistrelli, faine, ghiri, lepri, ricci, topi selvatici, sono solo alcune delle numerosissime specie presenti nel Parco. Recentemente è ricomparso anche il lupo (Canis lupus italicus) grazie alla ricolonizzazione degli Appennini , alla rinaturalizzazione di molte zone montane e all’incremento delle popolazioni di ungulati selvatici.
Notevole importanza riveste l’avifauna; il Parco rappresenta un sito di nidificazione per diverse specie e un’importante località di transito lungo le rotte migratorie.
Presenti con numerose specie sono i rapaci; tra questi il più importante è il biancone, un’aquila migratrice che si ciba in prevalenza di rettili. Questo imponente uccello, attualmente nell’elenco delle specie a rischio di estinzione, nidifica nel Parco con diverse coppie ed è pertanto stato assunto come simbolo dell’Area Protetta del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo.
Arriva nel mese di marzo proveniente dall’Africa tropicale e non è difficile osservarlo, con i suoi centonovanta centimetri di apertura alare, mentre caccia con la tecnica di volo detta “spirito santo” immobile nell’aria sfruttando le correnti d’aria provenienti dal mare.
Più comuni sono la poiana (Buteo buteo), il gheppio (Falco tinnunculus), lo sparviere (Accipiter nisus), l’astore (Accipiter gentilis) e il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus).
Di notte invece si possono osservare l’allocco (Stryx aluco) e il gufo comune (Tyto alba) amanti dei vecchi ruderi.