Concorso di storia contemporanea (anno 2004)
18 September 2004
Il Comitato della Regione Piemonte per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana propone, per l’anno scolastico 2004/2005, alcuni temi di ricerca per gli studenti delle Scuole superiori, inerenti la storia contemporanea.
Accogliendo queste proposte, il Consiglio regionale, le Province piemontesi, la Direzione generale regionale per il Piemonte del Ministero all’Istruzione, hanno indetto l’annuale concorso riservato agli studenti delle Scuole superiori della Regione sui seguenti temi:
Testo n. 1
Nel giugno 1924 Giacomo Matteotti fu rapito e assassinato mentre si recava in Parlamento. Il “caso Matteotti” segna la prima fase del fascismo in Italia, ma era destinato a rimanere nella memoria della nazione per tutta la durata del regime e durante la Resistenza il suo nome fu dato a formazioni di partigiani.
La sua figura ha raccolto, negli ultimi anni, un rinnovato interesse. Intorno al profilo di questo socialista di origine veneta (era nato in provincia di Rovigo, a Fratta Polesine nel 1885), prima vicino al massimalismo, poi passato ai riformisti gli storici dell’ultima generazione si sono interrogati facendo ricorso a nuova documentazione per fare luce su molti aspetti ancora poco conosciuti della sua esperienza politica.
Di formazione giuridica, entrato nel partito nel 1901, fu neutralista e pacifista di fronte al primo conflitto mondiale e per questo più volte incarcerato.
Eletto per la prima volta alla Camera nel 1919 si trasformò negli anni che segnano l’ascesa del regime mussoliniano in un “irriducibile” oppositore facendosi egli stesso indagatore della corruzione del tempo, denunciando la demagogia implicita nel primo fascismo, i segni della imminente dittatura, le malversazioni.
Provate ad affrontare la personalità di Giacomo Matteotti da uno dei molteplici aspetti della sua attività: il pacifismo, il riformismo socialista d’inizio secolo, l’opposizione all’insorgente regime, le indagini contro la corruzione del fascismo che furono la causa della sua morte.
Oppure provate a raccogliere testimonianze e documenti sull’alone che avvolse il suo nome e la sua memoria, durante gli anni più bui della oppressione fascista. Una fama postuma inarrestabile, capace di penetrare la coltre di silenzio del regime e di diffondersi per impalpabili canali, come moderna figura di profeta disarmato.
Testo n. 2
La memoria degli orrori che si consumarono nei campi di concentramento nazisti, di cui ricorre nel 2005 il 60° della liberazione di Auschwitz, è un valore fondante per la moderna coscienza europea, simbolo di un comune e condiviso sentire. Il 27 gennaio 2005 segna, dunque, più solennemente che negli anni passati, la Giornata della Memoria.
Ripensare Auschwitz a sessant’anni di distanza richiede uno sforzo supplementare di attenzione e una più meticolosa indagine sul ruolo che la memoria deve assumersi nella società contemporanea. Pensare Auschwitz non può essere un’azione scontata: l’unicità di questa riflessione non è un dato acquisito da molti anni, ma è il frutto di una continua e in ininterrotta rielaborazione critica.
In Italia proprio l’istituzione di una Giornata della Memoria ha favorito la riflessione sul rapporto fra memoria e storia, sullo statuto dell’una e dell’altra, sulle diverse potenzialità e sui limiti dell’analisi del passato.
Provate a svolgere una piccola ricerca sulla stampa, locale e nazionale, di questi ultimi quattro o cinque anni, cioè del periodo compreso fra quando, nel 2001, è stata istituita la Giornata della Memoria e oggi; raccogliete le riflessioni più interessanti e stimolanti – sul tema della memoria e della storia, sulla unicità e sulla comparabilità della Shoah, sul ruolo del testimone – e provate a stabilire un legame fra quegli eventi e l’idea che voi stessi intendete costruirvi sulla necessità del ricordo, sulla “banalità del Male” e sulla “banalità del Bene”, a cui alludono le opere di seguito citate in bibliografia, e sulle dimensioni, reali o apparenti, di quell’area intermedia che Levi definiva “zona grigia”.
Testo n. 3
Nella società nazionale è comunemente accettato il principio secondo cui lo Stato esiste per applicare dei diritti. Le cose mutano se si passa dal piano nazionale a quello sopranazionale. In modo particolare la vera scommessa per il nostro futuro sarà costituita dal mutamento delle relazioni fra chi governa e chi è governato.
Ma questa rivoluzione, giunta a compimento solo nelle società nazionali (e non in tutte) sarà attuata soltanto quando il riconoscimento sarà globale. La possibilità di “avere diritti” è infatti ancora ai primi passi in molte parti della terra.
L’omicidio di massa, la pulizia etnica, il genocidio non sono soltanto azioni barbare e inumane, ma anche violazioni dei diritti umani – e queste violazioni aprono la via alla legittimità dell’intervento militare, qualora sia fallito ogni altro tentativo. Rimangono tuttavia aperti problemi assai vasti che riguardano il riconoscimento globale dei diritti umani e le conclusioni che se ne possono trarre sono fra loro diverse, non di rado antitetiche.
Provate a stabilire delle connessioni fra alcune delle più recenti crisi internazionali e a svolgere una ricerca sui modi e sui tempi attraverso i quali un “intervento umanitario” realizzandosi, oppure non realizzandosi, ha prodotto effetti diversi.
Dal momento che non esiste uno Stato super partes, possiamo dire che l’ONU, come ha scritto Michael Walzer, rappresenti “la nostra agenzia per l’applicazione dei diritti”, nel senso che esso è chiamato a organizzare i soccorsi e gli aiuti in presenza di crisi umanitarie.
Quando uno Stato fallisce nei confronti dei suoi cittadini deve o non deve esistere una qualche entità sopranazionale il cui obiettivo fondamentale sia di prestare loro soccorso? Come lo Stato ha il dovere di proteggerci dall’essere uccisi da qualunque persona, o gruppo di persone, così dobbiamo domandarci in primo luogo se e in quali circostanze sia lecito un “intervento umanitario” e in secondo luogo se l’ONU, o chi altri per esso , sia legittimato a farlo.
Testo n. 4
Con la Legge 30 marzo 2004 n. 92, la Repubblica Italiana riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
Sulla base della bibliografia esistente ed eventualmente attingendo a testimonianze, ricostruite gli avvenimenti, contestualizzandoli nel quadro storico di lungo periodo.
Cercate altresì di approfondire il significato della istituzione di una solennità civile dedicata alle vittime delle foibe a sessant’anni dalla data degli avvenimenti.
La ricerca potrà essere realizzata, laddove gli organi collegiali della scuola – ciascuno per quanto di propria competenza – ritengano aderirvi, senza modificare la normale attività didattica, attraverso lavori individuali o di gruppo (composto da non più di 5 studenti) articolati all’interno della classe, coordinati da un insegnante, e potrà essere condotta con la più ampia libertà dei mezzi di indagine e di espressione (elaborati scritti, disegni, fotografie, mostre documentarie, materiale audiovisivo o con lavori che si avvalgono di più mezzi espressivi).
Gli elaborati prodotti non dovranno superare di massima 50 cartelle di testo (2000 caratteri spazi inclusi) sia cartacee che su supporto informatico o multimediale; la durata dei video (vhs, dvd, etc.) non dovrà superare 60 minuti circa. Gli elaborati inoltre dovranno essere completi di una breve nota metodologica e bibliografica.
Gli insegnanti che hanno intenzione di partecipare con gruppi di studenti, sono pregati di darne segnalazione al Consiglio regionale del Piemonte: Comitato affermazione valori della Resistenza e all’Assessorato all’Istruzione della Provincia di appartenenza, entro il mese di novembre 2004, indicando chiaramente il tema prescelto.
Gli elaborati dovranno essere inviati, previo accordo, all’Assessorato all’Istruzione della Provincia di appartenenza della Scuola (per quanto riguarda le scuole della Provincia di Torino al CE.SE.DI., Via Gaudenzio Ferrari, 1 – Torino) entro il 21 gennaio 2005.
Le Commissioni provinciali preposte all’esame dei lavori selezioneranno gli elaborati migliori. Gli autori di detti elaborati, accompagnati dall’insegnante che ha coordinato il lavoro, parteciperanno a spese del Consiglio regionale e delle Province piemontesi, ad un viaggio di studio con meta la visita di alcuni luoghi significativi in Italia e in Europa.
Per agevolare il lavoro dei coordinatori, i temi di ricerca saranno corredati da testi esplicativi più articolati e suggerimenti bibliografici.