Vittorio Finzi: Il mio rifugio in Val Borbera
A più di cinquanta anni dalle vicende di ebreo rifugiato in Val Borbera e di collaboratore con la resistenza, l’ingegner Vittorio Finzi riapre un vecchio scatolone in cui aveva riposto le carte su cui annotava giorno per giorno ciò che gli capitava e le sue riflessioni.
Ne esce un racconto ora drammatico, ora scanzonato, talvolta poetico: non solo i drammi della persecuzione e delle leggi razziali, ma anche l’umanità delle popolazioni che accoglievano gli sfollati e i profughi, la forza morale di chi ricominciava ogni giorno la vita e la lotta, la bellezza struggente delle valli e delle cime innevate dell’Appennino tra la Liguria e la provincia di Alessandria.
Pubblicato in occasione della Giornata della Memoria 2002 è un invito, destinato soprattutto ai giovani, a conoscere e a riflettere sull’esperienza di un giovane di allora, che percorre il cammino della rinascita del nostro paese rimanendo sempre una “normale” persona di coraggio.
Parallelamente a tale racconto in appendice è riportato il diario del fratello Enzo (1917), che trovò rifugio con i genitori in val Curone.
Nato ad Alessandria nel 1919 in una famiglia borghese della vivace comunità ebraica, Vittorio Finzi frequenta il liceo Plana, riesce a laurearsi in Ingegneria nonostante le leggi razziali, trova rifugio, nel periodo dell’occupazione nazista, in Val Borbera, dove collabora attivamente alla resistenza ed alla costruzione delle nuove strutture della vita democratica. Dopo la guerra si sposa e si trasferisce a Genova, dove compie una lunga carriera direttiva nelle Ferrovie e nell’insegnamento universitario nella facoltà di Ingegneria.